Nel fondo monocromo incomparabilmente nero davanti al quale la tua vita ha da tempo iniziato a staccarsi sotto forma di figura vibrante, quelli che discendono verso pozzi estranei non tornano indietro. Non si può, utilizzando un’altra penombra, esercitarsi alla visione nell’unica penombra che ci riguardi. Non esiste altro cammino che quello consistente nell’iniziare dal proprio monocromo nero. Quando si ha a che fare con quest’ultimo, si capisce subito che la vita è più profonda dell’autobiografia. La scrittura non affonda mai troppo nel nostro nero. Non possiamo mettere per iscritto ciò che siamo all’inizio.
Può esistere una sostanza che è simultaneamente una sensazione?
Esiste un massiccio montagnoso che sia gravido di qualcosa di diverso dalla roccia? Pensieri estranei, esalazioni di volte scure, che paiono far parte del genere di problemi sui quali meditano da millenni, senza progressi, i faraoni morti, nelle loro camere. Meditazioni di mummie, riflessi nei minerali, rimuginare senza soggetto.
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