sabato 18 giugno 2011

To stare 9

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To stare 8


Se il corpo è politico, deve necessariamente essere questo corpo. Siamo nel regno della certezza visibile, in una relazione immancabilmente esistenziale con il momento. Nessuna metafisica proietta questo corpo, nessuna teleologia ne conforta lo stato di degradabilità. Eppure la scena, se pensiamo alla scena di AL, nel tempo stesso della sua esposizione, evidentemente sfugge al presente. È in questo punto che l’happening, altro dispositivo stilistico che C&A utilizza in parte, si arricchisce di nuove informazioni problematizzando sia quel corpo sia le linee di confine tra scena e fuori-scena. Tra potenziale di esposizione e potenziale di realtà. Nulla sembra congelarsi e rapprendersi in una sintesi definitiva e compiuta. Tutto è mobile e, spesso, corre. C’è una democrazia allargata. Una cittadinanza sans papiers. Nessuno è intruso. Tutti sono intrusi. Se il corpo è politico, questa è l’unica possibile zona franca dello spettatore: tra l’essere intruso e non esserlo. Tra una delicata intimità e una struggente lontananza.

Qual è il potenziale del cittadino, dunque? Starà nel togliersi e nello spostarsi indefinito dalla sfera del pubblico alla sfera del privato? E nel teatro, questo equivarrà a mostrare un corpo in stato di appetitus e d’amore? Sarà questa la strada?: la ritirata della cittadinanza verso il corpo?


III
L’industria culturale pone una frustrazione giovale al posto del dolore, che è presente nell’ebbrezza come nell’ascesi. Legge suprema è che non si pervenga mai a quello che si desidera, e proprio di questo si deve ridere e contentarsi. La frustrazione permanente… E’ questo l’effetto di tutto l’apparato erotico.

I cataloghi del corteggiamento possono annoverarsi sicuramente tra quei dispositivi della manipolazione e del potenziale di esposizione che rimandano a un’erotica, una serie di norme e regole del corteggiamento. Ma come sviluppare un discorso sull’erotica della scena? Certo qui è in gioco lo schema ripetitivo e lacerante della seduzione. Uno di questi me lo indica la stessa Antonjia in una delle nostre conversazioni. Si tratta della danza dell’accoppiamento messa in atto dall’uccello del paradiso, volatile che vive nella foresta pluviale. Durante il corteggiamento spalanca a tal punto il suo corpo che questo non si riconosce più, tanto da divenire come un grande ventaglio in uno stato di artificio totale e quasi astratto. In questa incredibile e senza limiti esposizione del corpo che seduce, l’animale danza.

Come evitare di fermarsi alla semplice enumerazione di un catalogo di gesti? Come impedire che la danza sia soltanto questo? Come non ricadere nelle trappole del dominio, del dominio di questo corpo? Come non invischiarsi nuovamente e ulteriormente con il potere? Come eludere, corteggiandola, le lusinghe dell’industria culturale? E, poi, bisogna necessariamente evaderne?


IV
Le caractère de la fusion propre à la grâce, c’est d’être intime mais antinomique. C’est une fusion paradoxale. Circonscrite de l’aurore de l’effort à la disparition du pouvoir … le pouvoir vrai, qui est le sien, n’est que le pouvoir de l’aisance.

C’è un termine che aleggia su questo scritto. Un termine o un concetto che supererebbe molti dei nodi di questa scena e di questo corpo. Si scavalca danzando il legaccio troppo facile con il potere. Si tratta della grazia che, fuori dall’istanza teologica, riguarda una certa attitudine dell’opera (ma anche dell’individuo) verso l’esterno e, anche, verso la norma. Caratterizzata da una certa efficace organizzazione della forza e della libertà delle risposte di fronte alle gerarchie precostituite. La grazia, già riconosciuta da Bergson come parabola dell’instabile, è una categoria di confine, lontana dalla perfezione sicura e statica del Bello. Essa non è solo la bellezza in movimento, ma è l’incontro paradossale di un risparmio, di un abbandono e di una rivelazione di potenza che sorprende e supera le nostre attese, secondo i principi di un’estetica della sovrabbondanza, del successo miracoloso, del rischio e dello slancio. La grazia sembra trascendere la materia da cui essa stessa dipende, riuscendo a tenere unite in paradossale armonia le sue contraddizioni senza confonderle.
Stiamo sfiorando e vagheggiando uno s(S)tato utopico? Una new arcadia con pastori e piante esotiche finte a fare da paesaggio a un’inedita città quando questa stiamo sfuggendo?  Lucia Amara.

giovedì 16 giugno 2011

lunedì 13 giugno 2011

Parigi/Bologna


"Recently I dreamed I flew over a round, fragile sheet of ice, as thin and transparent as a windowpane, and curving up and down like glassy waves. Beneath the ice, spring flowers were growing. As if raised up by a spirit, I floated back and forth and was pleased by the effortless motion. In the middle of the lake was a temple which turned out to be a tavern. I went in, ordered coffee and cakes, and ate and drank and afterward smoked a cigarette. When I left and resumed my exercise, the mirror broke and I sank into the depths, among the flowers, which admitted me with a friendly welcome. How nice it is that spring follows winter every time." Robert Walser

sabato 4 giugno 2011

NEWS

None of this is about morality, or religion, or dogma, or big fancy questions of life after death. The capital-T Truth is about life before death. It is about making it to 30, or maybe 50, without wanting to shoot yourself in the head. It is about simple awareness - awareness of what is so real and essential, so hidden in plain sight all around us, that we have to keep reminding ourselves, over and over: "This is water, this is water."


'Plain old untrendy troubles and emotions'
David Foster Wallace, who died last week, was the most brilliant American writer of his generation. In a speech, published here for the first time,